Storia e curiosità del passato in Santo Stefano
La povertà delle famiglie vissute dai bambini
Società di mutuo soccorso bestiame
1854 Guerra di Crimea
1896 Il Bersagliere Luigi Fornara
Maiich, a piàs la mé parsuna?
Ballo di San Vito? No grazie.
Quando i "migrantes" eravamo noi
Paisöi, i contadini d'un tempo
Fare San Martino

La povertà vissuta dai bambini

Il censimento dello stato delle anime redatto nel 1854, se letto nel contesto di quel tempo e con l'attenzione nel verificare i capi famiglia(sempre vedove) emerge che anche in S.Stefano, come in tutte le famiglie povere dell'800, c'era l'usanza di "affittare" i figli a famiglie o artigiani per ricavarne qualche soldo per il sostentamento. L' esempio è che alcuni "ragazzini" dai 10-15 anni , durante la "conta"  si trovavano in altre località.
Troviamo scritto che Zanetta Giovanni (corte lurà)di anni 14 si trova a Pallanza, come suo fratello Spirito di anni 10 che si trova ad Intra. La madre Zanetta Maria di anni 49 è vedova con 4 figli e quindi,  presumo che si trovi  in uno stato di bisogno, tale da mandarli  a fare i mestieri presso altre famiglie.

Come :

Fornara Maria Cristina (in dal forno)di anni 12 in Borgomanero;
Zanetta Giovanni (Spagnöi) di anni 15 a Gozzano;
Zanetta Giò Francesco  (Lurà) di anni 16 in Borgomanero;
Zanetta Giò  (Lurà) di anni 23 in Borgomanero servo in casa  Majoni;
Fornara Maria Cristina (Colombaro) di anni 14 serva a Borgomanero.

Un'altro aspetto della povertà era l'affido o meglio l'adozione di bambini provenienti dall'ospedale della carità di Novara. Essi erano gli "esposti" ovvero bambini abbandonati all'ospedale perché nati da relazioni clandestine o per la povertà estrema. E' cosi che Zanetta Lucia di anni 32 (corte Lurà) vedova di Zanetta Ignazio (Plata?). ha con sè  Rosa fu Colombo della carità di Novara. Il cognome colombo, innocenzo, fortunato erano nomi e/o cognomi che si davano a questi bambini "esposti". L'adozione era remunerata, si prendeva qualche soldo al mese ed era quindi "normale" nonostante la famiglia fosse numerosa, prendere questi bambini visti come un' sostentamento economico. 

Società di mutuo soccorso bestiame

Un tempo in S.Stefano c'era l'associazione del bestiame o meglio la Società di Mutuo Soccorso del Bestiame.La civiltà contadina aveva sviluppato quest'associazione, comune in molte realtà rurali del tempo, con il compito di aiutare i contadini che avevano bestiame.

In S.Stefano non esistevano allevatori ed allevamenti, ma piccole stalle che contenevano poche mucche,capre e maiali. Ogni famiglia aveva almeno una (al vachich) o più mucche e le più benestanti avevano anche il cavallo considerato una ricchezza per pochi.
Avere questi animali significava sostentamento per le famiglie e aiuto per i lavori agricoli. Quindi non averli era sinonimo di povertà. Questa "ricchezza animale" andava tutelata  ed è cosi che nasce l'associazione di mutuo soccorso bestiame.
L'associazione era composta dai proprietari di animali (per lo più mucche) e per mutuo soccorso s'intendeva l'aiuto che si dava e riceveva ,quando disgraziatamente moriva la bestia  gli associati erano tenuti a versare una quota per pagare l'indennizzo dell'animale oppure durante le malattie e le nascite degli animali stessi.
I responsabili dell'associazione erano Zanetta Pietro (Pidrich dal Plata pari dal Budda e dla Santina) e insieme a Fornara Bartolomeo (Tamich dal Bözz, pari dal Cesare dal Luis) e Zanetta Carlo (Carlich dal Bés pari di tucc i Bés) aiutavano a "curare" le bestie e soprattutto a fare da "veterinari" durante il parto.(nascita dei vitelli)
"T'è sempri smagià ad' sònc" (sempre sporco di sangue) era il rimprovero che faceva la moglie dal Pidrich quando tornava a casa dopo aver fatto nascere il vitello.

Una testimonianza è stata fornita da Rita Cerutti che racconta: "durante il tempo di guerra la mia mucca 'pomina',una bruna alpina, è morta di parto e l'associazione di cui ero membro mi pagò alcune lire...certo non era il valore della mucca ma...."

Le mucche venivano utilizzate anche per i lavori nei campi, per trainare l'erpice ("ergu"),l'aratro ("scilòria") e soprattutto carretti,carri e barocci("Barözz") per le fienaggioni e le vendemmie.
Viene ricordato nel libro del 1933, che durante la costruzione della Chiesa Parrocchiale, gli abitanti della frazione, andavano ad Alzo di Pella con i carri trainati dalle mucche a  prendere nella cava i sassi (sasso bianco) che si vedono nelle facciate esterne.
Alzo dista 15 Km circa, e quindi tra andata e ritorno impiegavano diverse ore. Questo veniva fatto la sera dopo i lavori dei campi e soprattutto di Domenica, dove  veniva celebrata  Messa alle ore 5.30 del mattino per poi partire con una lunga carovana di carri.

Con il passare del tempo, sempre meno gente coltivata la terra come lavoro principale e l'uso di trattori ha fatto sparire l'utilizzo delle bestie nei campi, quindi venivano allevate  solo per la produzione e vendita del latte e la carne per il macello.

Lontano da casa.

Segnalo il libro di Angelo Vecchi di Borgomanero , dal titolo "I turchi a Novara", dove parla anche dell'esperienza del bersagliere Luigi Fornara di Borgomanero (in realtà era delle cascine di S.Stefano) che nel 1896 era a fare il soldato a Hieràpetra (Candia-Isola di Creta) durante il conflitto Greco-Turco.
L'autore ha ritrovato le lettere che scriveva a casa e ne ha colto la semplicità di linguaggio,  la nostalgia della terra natia, il disagio e soprattutto le "contraddizioni" scaturite dai suoi commenti verso la loro presenza in quella terra.
Mette in evidenza  i sentimenti di nostalgia verso la vita agricola lontana del suo paese (S.Stefano), le relazioni strette delle cerchie famigliari nella frazione e ancora più giù nel ristretto della vita nelle corti.
Il bersagliere Luigi Fornara classe 1877 era della famiglia detta "Marangoni" (Marangui) .

1854 Guerra di Crimea.

Rileggendo il censimento del 1854 ad opera di Don Felice Piana, abbiamo riscontrato che alcuni abitanti delle cassine erano a fare il soldato nella guerra di Crimea.(Russia 1853-1856)
Sono Cerutti Carlo Giuseppe (Zuric) di anni 22 e Zanetta Luigi (D'Orjo) di anni 21,Fornara Carlo (Giuan Giulio) di anni 21  mentre Zanetta Giovanni (Dal Cec) risultava morto in Russia. Essi facevano parte del corpo di spedizione del Gen.Alfonso Lamarmora (colui che creò il corpo dei Bersaglieri) in un contingente di 18.000 soldati.
Gli italiani (allora era il Regno di Sardegna) erano alleati coi Francesi e Inglesi contro i Russi. La storiografia ci racconta della battaglia della Cernaia o di Traktir(in lingua locale) con pochi morti tra le file dei nostri soldati appena 23 sul campo e centinaia di feriti,ma con un risultato vittorioso.

Storia di Sposalizi nella metà dell'800

 
Racconto orale tramandato in dialetto:

Gheva la mé nona c'la nava in dla vigna! S'ciamava maiich, e gheva al Pich c'la vugheva sempri cum la sciuvéra pasé...
Na giurnà a va rènta e gh'disa: "Maiich a piàs la mé parsuna? ....Méi vui che n'aut!!! a rispunda
Quai dì dopu, al va dal sansal, ch'al cumbina cun'tal parì dla Maiich.
A pàsa quai més e i dui si smarìu!
I foech la cerimonia in tla gésa d'san Leunard,i smarìu e pöi i voch a cà da l'om.
Quont'i rivu cà (a pé) , al pari dal'om (rigiò) a gh'disa:" Maiich, chi lò gh'é al rasoch, a gh'è da né fé stram!"
Ciapa al rasoch e va in tal boesc a fé stram!
Turna indré cun'tal rasoch pich! e al rigiò! "Maiich, varda che a gh'è da fé al poech!"
Butsi dré fé il poech!
rigiò: "Maiich chi lò, i vachi da munji!"
Maiich munjia i vachi...
rigiò: "Maiich dés ti podi né drumì"
maiich:"...ma le beli ora d'auzesi n'auta bota par munji i vachi....."
La maiich la va drumì,la vrissa la porta dla stönza e trova già denta dui coppii di fradei...già mariai cun la dona!
Qual'è al me post?? Col li maiich......

Italiano:
C'era la mia Nonna che andava sempre nella vigna , si chiamava Maria e c'era Giuseppe che la vedeva sempre passare con la gerla.
Un giorno gli va vicino e gli dice: "Maria vi piace la mia persona? Meglio voi che un altro" risponde lei.
Qualche giorno dopo Bartolomeo, va dal sensale (persona che combinava i matrimoni), parla e combina con il padre di Maria.
Passano pochi mesi e i due si sposano.
Fanno la cerimonia nella chiesa di S.Leonardo (Borgomanero) si sposano e poi vanno a casa del marito.
Quando arrivano a casa ( a piedi naturalmente), il padre del marito (suocero figura patriarcale=rigiò) gli dice:
"Maria qui c'è il gerlo per raccogliere le foglie secche da strame"(strame sono le foglie da mettere nelle stalle).
Prende la gerla e va nel bosco a raccogliere foglie.
Torna indietro con la gerla piena e il suocero: Maria guarda che c'è da fare il pane!"
Si mette dietro a fare il pane.
Suocero:Maria qui ci sono le mucche da mungere".
Maria,munge le mucche.
Suocero: (probabilmente a notte inoltrata) "Maria ora puoi andare a dormire."
Maria:"ma è quasi ora di alzarsi un'altra volta a mungere le mucche..."
La Maria va a dormire, apre la porta della stanza e trova già dentro due coppie di fratelli del marito con le mogli.
Quale è il mio posto? Domanda Maria.. Quello!

Tutto questo il giorno del matrimonio. Pensare che doveva essere il giorno più bello!!!
Una volta sposata e accasata, la moglie entrava a far parte di un'altra famiglia dove il patriarca era la figura più importante e soprattutto rispettata.
Come si vede era una famiglia allargata, dove erano presenti altri figli, altre famiglie che sottostavano ai comandi del capo famiglia anziano.
Anche nei censimenti troviamo famiglie composte da 10-15 persone, perchè il capostipite di riferimento era il patriarca.

Ballo di San Vito?

Un'altra curiosità trovata nel censimento 1854, è la descrizione di Fornara Maria di anni 14 abitante al Colombaro, morta "col Bal S.Vito"(scriveva Don Piana). .Il Ballo di S.Vito era un modo di dire, di origine medievale, per coloro che erano malati di epilessia. Esso era chiamato ballo, in quanto il soggetto ammalato aveva convulsioni e si dimenava  in preda agli spasmi che sembrava ballare. Aveva movimenti disordinati, incoerenti ed involontari, era definita una nevrosi costituita essenzialmente dai turbamenti psichici, sensitivi e motori. San Vito  era il santo protettore invocato per scongiurare l'epilessia, le nevrosi e per questo veniva chiamato Ballo di San Vito, coloro che ne erano colpiti.

Gli emigranti "sans papiers"

Non tanto tempo fà, almeno fino a gli anni 50-60 circa, anche i nostri genitori, emigravano in cerca di lavoro in altre nazione.
Alla fine dell'800, dal 1870 al 1910 c'è stata una "diaspora" di italiani, verso "la'merica". Interi bastimenti partivano dal porto di Genova, alla volta di Santos, Rio de Janeiro,Buenos Aires, New york.
Le famiglie De Marchi (Parghét), Cerutti (Bel), Fornara (Barachia) erano emigrati tutti a Belem do Descalvados a 242 Km da Santos. Erano emigrati per lavorare come contadini nelle fazende e nelle piantagioni di banane e caffé. Ritornarono tutte nei primi anni del '900.
In questi anni si emigrava anche in europa e precisamente in Francia e Svizzera.
In Francia, ci andavano molti abitanti della corte di Majii che nel loro emigrare stagionale, ritornavano in paese e costruivano un "corpo di casa" aggiungendolo alla precedente, dandogli quella forma allungata tipo casermone,che venne ribattezzata dagli abitanti "Linea Maginot" (per ricordare la linea difensiva della prima guerra mondiale in Francia).
Un aneddoto raccontatomi, era che alcuni della corte "del Cec", nei primi del '900 lavoravano a Parigi a fare i verniciatori e precisamente sulla Torre Eiffel.
Essa è alta 300 metri ed è tutta in ferro e quindi necessitava (come tuttora) di continue riverniciature e manutenzioni.
Era un lavoro pericoloso, ed alcuni nostri "compaesani" facevano questo. Viene ricordato il nonno del "Bascul" che capeggiava una squadra di verniciatori, e dato che era il capo, si accovacciava sempre più in alto rispetto gli altri."Eh si, perchè posizionati in alto , non si andava su e giù, ma si stava li lavorare, mangiare e fare anche i propri bisogni fisiologici, quindi era meglio stare più in alto rispetto agli altri..."
Inoltre essi non erano regolari, erano dei "Sans Papiers" (senza permesso) ed avevano capito da subito che alla domanda. "Monsieur, papier s'il vous plaît?" dovevano scappare.
Negli anni più recenti, tra gli anni '50 e '60, diversi stefanesi andarono in Svizzera, soprattutto come muratori e manovali i pulù, bateur, furnasii,Cap, Capic,ecc. là alcuni di essi trovarono moglie.

Paisöi. (Contadini)

Il termine "paesano" (paisòc) stava ad indicare il lavoro del contadino, perché viveva prevalentemente tra il "paese" ed i campi, solo la chiamata alle armi o le guerre, li portavano lontano da casa.
Gli ultimi "paisöi" d'una volta (contadini) sono stati Giuseppe Zaninetti "Giusöppu" (classe 1912)  che proprio vicino la chiesa di S.Stefano aveva la stalla con le mucche e questo fino alla meta degli anni 90 ed il cognato Luigi Fornara ("bigilich Paéla") che girava per la frazione con il baroccio ed aveva la stalla, alla Cascina Paèla (dove ora c'è l' "enorme" edificio rosa all'incrocio di Via Noce-Via D.Savio).
Ci sono ancora  dei  "Paesani" di oggi (agricoltori  moderni e motorizzati)  e li troviamo , a salire al Colombaro da baraggioni, Giromini Pietro, mentre sopra  nella zona chiamata Fasana, la famiglia Tozzini che alleva ancora le mucche.

Fare San Martino

Una volta si diceva  "fare San Martino" (fé San Martich) per dire il trasloco di casa.La origini di quest'affermazione nascono dal mondo contadino. Quest'espressione è utilizzata in tutta la pianura padana. Una volta  i contadini erano braccianti per i padroni delle terre e dei cascinali, e l'anno lavorativo iniziava e finiva a Novembre, per cui se il datore di lavoro ("al Sciòr padroch")  non rinnovava il contratto, la famiglia al seguito del contadino che dimorava nelle cascine dei padroni, doveva trasferirsi in altri cascinali. Questo trasloco avveniva il giorno 11 Novembre o giù di lì a ridosso della ricorrenza di San Martino. Questo è uno dei motivi per i quali nelle ricerche delle proprie origini, gli antenati "spariscono" per poi ricomparire nei libri di battesimo.

 


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