Due giorni di festa a Santo Stefano nell’estate del 1955

Ugo Zanetta - Foto Pier Zanetta.

 La data

Siamo nel 1955, inizio dell’estate, sembra vicino, ma è a metà del secolo scorso. Finalmente la guerra è finita da un pezzo e si comincia a fare festa tutti insieme.

Per molti di noi sono gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza, ma per moltissimi è un tempo lontano, quello dei nonni e dei loro racconti fantastici di un mondo semplice e senza le “comodità” O é una data  ancora più in là nel tempo relativa ad un mondo ormai defunto e forse mai esistito?

L’automobile cominciava a non essere un mezzo di lusso estremo, la radio cominciava ad essere sostituita dalla televisione ed il telefono iniziava la sua diffusione con cornette e fili e nessuno immaginava i satelliti ed internet.

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Il motivo della festa

 

Don Giuseppe Zanetta “di Mandrioi” si reca in chiesa a Santo Stefano per la celebrazione della prima messa. >

Figura 1 Le poesie in piazza per don Giuseppe

 

La settimana dopo ha celebrato la sua prima messa anche don Angelo Fornara, “dal Ciapìc”. Qualche  mese prima aveva celebrata la sua prima messa don Alfredo Fornara “dal Furné”. Due giorni di festa a distanza di una settimana sono stati un evento rimarchevole a cui tutto il paese ha partecipato. Le insegne delle associazione caratterizzanti i punti di aggregazione riconosciuti da tutti sono esibite e portate con orgoglio.

Figura 2 Le poesie in piazza per don Angelo

 

 

Tutto il paese era presente e contento di partecipare a questa cerimonia, importante per il sacerdote, come consacrazione sociale della sua scelta, importante per i parenti felici della vicinanza e della espressione di solidarietà  di tutto il paese. 

La celebrazione comprendeva oltre alla messa cantata al mattino, il pranzo sotto il tendone di casa a mezzogiorno, i vespri con la prima predica del novello sacerdote nel pomeriggio, la festa con il teatro la sera.

 

I luoghi

 

 

I luoghi ritratti nella foto sono a tutti noti:

-         il cortile dei “Mandrioi” a casale Baraggioni;

-         il cortile dal “Ciapic” in via san Bernardo, vicino alla collina;

-         la via Fornara e la strada davanti alla chiese vecchia di Santo Stefano;

-         la chiesa vecchia con il campanile;

-         la piazza con l’ingresso alla chiesa;

-         la sacrestia della chiesa;

-         la cappella di fianco all’altare per i parenti;

 

La strada era bianca, l’asfalto arriverà negli anni successivi.

Un arco trionfale, in pali in legno addobbato con fronde d’albero e fiori, dava accesso alla casa dalla strada, via Maggiora. Tutti luoghi oggi a volte poco riconoscibili a causa delle trasformazioni avvenute, ma tuttavia ancora vivi e tutto sommato a noi famigliari ancora oggi, nonostante le trasformazioni. La strada davanti alla chiesa vecchia appare ancora selciata. L’abside della chiesa vecchia, assomiglia molto a quello attuale, l’ingresso era dall’altra parte e guardava il paese vecchio addossato alla collina del Colombaro. Il campanile e gli scalini in pietra, di accesso dalla strada alla sacrestia, ove oggi c’è l’ACLI,  sono uguali a quelli di oggi.

Figura 3 La chiesa vecchia con la Nunziaa

 

Le strade, come detto erano selciate o in fondo naturale, non erano fatte per correre in auto, quando pioveva il fango era dappertutto.

 

La via  Fornara, con i boschi sullo sfondo, appare in tutta la sua aria di vecchia via principale del paese di accesso alla chiesa, stretta e con le case tutte serrate tra di loro e senza spazi liberi tra una abitazione e l’altra. Lo spazio nel vecchio centro era utilizzato con parsimonia e senza sottrarre aree ad orti e campi.

 

 

La chiesa nuova è ormai terminata, anche le decorazioni pittoriche sono quasi ultimate, ma il sagrato è ancora da realizzare


Figura 4 La via Fornara

 

Le persone e la Nunziaa

Nella foto 3, in primo piano, la Nunziaa: figura importantissima nella formazione di generazioni di Santo Stefano, per la sua dedizione alla educazione di tutti i ragazzi del paese, senza mai arrabbiarsi o spazientirsi.

 

A formare il corteo di accompagnamento del novello sacerdote alla chiesa, precedute dai ragazzi in veste di paggetti, sono schierate in prima fila, con il vestito della festa, i portabandiera con la bandiera italiana ed altre bandiere di associazione. La bandiera italiana quale simbolo di tutti e non solo di una parte

Figura 5 La partenza del corteo dal cortile di Baraggioni

 

Tutti appaiono vestiti a festa, stretti intorno al don Giuseppe con il suo cappello “Saturno” nuovo appena indossato. Il suo atteggiamento sembra preoccupato della importanza di questa sua prima uscita come sacerdote. Poi sa che molti lo attendono al varco, per le critiche di rito, alla prima predica da tenere durante i Vespri. Sono più sereni e gioiosi gli atteggiamenti degli altri partecipanti al corteo, loro vanno ad una festa.

 

Don Angelo è allegro e contento di tutta quella gente vicina e pronta a festeggiare. Sono in tanti e si può riconoscere oltre agli stessi paggetti, il Mauro Fornara, suo padre Ricu, il piccolo Luigi dal “Bes” e tanti altri.

 

 

 

 


Figura 6Il cortile con gli invitati alla festa di don Angelo

 

Gli adulti

Riconoscibilissimo con vicino i padrini del novello sacerdote, lo zio Giuseppe, appositamente rientrato dall’Argentina, ove era emigrato  lo zio “Spirtic” padre di una stirpe di muratori.

Intorno i parenti e gli amici del rione con l’Andrea Vercelli del salumificio, il “Togn dal For”, il Pierino macellaio, il Sacchi ciclista e tanti altri.

Per don Angelo i padrini sono gli zii Battista Fornara zio materno e Battista Fornara zio paterno: i nomi si ripetevano a testimonianza di una radicato legame con gli avi.

Gli adulti sono tutti schierati compatti, con i ragazzi ed i bambini presenti ma tenuti da parte: la festa è una cosa seria fatta per i grandi ed i piccoli stanno a guardare. Solo quelli con un incarico partecipano in prima fila e sono organizzati dalla “Nunziaa”.

 

I ragazzi

 

Bello lo schieramento dei ragazzi, parte con la divisa da paggetti e parte con il vestito nuovo, sono un bel’esempio di come la frazione era unita. Quelli dell ’46, quindi con nove anni, avevano la divisa da paggetto, Il Celestino, il Santino, il Roberto, Pier Giorgio, con tanto di spada: era il reparto militare della frazione che scortava il nuovo sacerdote. Una presenza ingenua ma altamente simbolica della coscienza di essere una comunità completa di tutte le componenti necessarie alla propria esistenza

Figura 7 La via maggiora con il salumificio Vercelli

 

Quelli più piccoli, si riconosce il nipote Fortunato con vicino il Pier Dario, portano un vaso di garofani bianchi. Gli stessi garofani per don Angelo ma il cesto è portato da bambine.

Alcuni di essi reciteranno poi in piazza le poesie appositamente scritte per l’occasione.

 

I preti

Molte foto rappresentano i sacerdoti del paese raccolti a festeggiare il novello sacerdote.

Li ritraggono insieme alle persone più vicine alle attività parrocchiali, ma quelle ufficiali li ritrae da soli, poiché la festa è anche la loro.

Si vedono a partire da sinistra: Padre Luigi Zanetta “dal Mistrismu”, in seconda fila don Giuseppe dal Mandriöc, don Fiorentino “dal Röna”, don Giuseppe “dal Cantaric”, don Giovanni “dal Frée”, padre Carlo Maria Zanetta “dal Bés”, don Luigi dal “Majic”. Don Bartùla. In prima fila: don Angelo dal “Ciapìc”, don Alfredo dal “Furnée”, don Luigi dal “Rasgöc”, don Giuseppe Fornara.

Figura 8 I preti di Santo Stefano

 

Al centro monsignor Lucchini, con la fascia sulla tonaca, capo indiscusso della comunità. Tutti i preti sono rigorosamente in tonaca nera.

Nelle altre foto, scattate in sacrestia, si nota don Minetti, parroco di Vergano, unico forestiero oltre al direttore del coro, don Agosto, ed al predicatore ufficiale, don Morzilli. In queste foto appaiono anche il futuro Dom Mario ed don Piero, allora chierici.

 I paramenti e l’altare sono quelli del tempo.

 

Figura 9 La celegrazione della prima messa

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Si notano oltre ai sacerdoti anche i chierici dom Mario e Piero, oltre a al futuro don Gervasio sullo sfondo

Figura 10 Sacerdoti nel cortile del Ciapìc

 

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La corale è diretta per la messa di don Angelo da don Bartula, ospite immancabile delle funzioni solenni di Santo Stefano, in primo piano  si vede il Cecco “dal Bida” con il piccolo figlio Pier Giorgio.

Figura 11Don Bartula dirige il coro

 

 

L’ambiente del paese

Nel cortile di casa la natura appare ancora lussureggiante e dominata a stento dall’opera dell’uomo, oggi è completamente artificiale, anche nei fiori; gli alberi, i fiori in vaso e la toppia della vigna a coprire il cortile sono vitali e non costretti in forme geometriche come facciamo oggi. I vasi sono soprattutto sul ballatoio, al riparo da incidenti di lavoro. Nel cortile giravano ancora mucche con il carro ed il maiale in libera uscita per le pulizie. Lo “stabiet” si vede subito dietro il corteo. Il cortile non era il posto per parcheggiare l’auto ed esibire con un selciato più o meno costoso la propria posizione economica, ma il luogo di lavoro quotidiano.

Il cortile è  selciato ma non troppo e larga parte ha ancora la terra battuta. A lato una pianta di  corniolo ombreggia il pozzo, indispensabile presenza in ogni cortile.

 

La casa è ad un corpo con le scale in legno esterne per passare da un piano all’altro e disponeva già di balcone in cemento con la ringhiera metallica

Figura 12 La partenza da Baraggioni

 

Nella foto del cortile di casa di don Angelo si nota invece la scala in pietra e mattoni tipica di molte abitazioni.

L’arco del portone di ingresso è addobbato e porta le caratteristiche iscrizioni di festa.

I fienili accompagnavano tutte le abitazioni ed erano usati per il fieno, non erano ancora stati abbandonati o trasformati in abitazioni. La festa aveva anche il suo momento importante con il pranzo per parenti, amici e vicini di casa, preparato direttamente in casa dalla Corina, cuoca di tutti le feste di matrimonio. Il pranzo era consumato sotto il tendone installato in cortile.

Figura 13 L'uscita dal portone di via San Bernardo

 

Per l’occasione veniva ucciso e cucinato un vitello, allevato rigorosamente in casa: non si acquistava niente, se solo possibile!! Due pranzi in una settimana: un lavoro mai visto prima di allora!

 

I vestiti

I vestiti sono quelli della “festa grande”, sia per gli adulti che per i ragazzi. C’è anche lo schieramento dei “paggetti” con i loro vestiti colorati ed assolutamente inusuali.

Le donne, con i loro vestiti scuri e castigati, sono tutte con gonna, camicia  e giubbetto. Nessuna donna pensava di indossare i calzoni l’unica esibizione di mode estranee alla tradizione appare la non omogenea forma del vestire, omogeneità più visibile negli uomini, per tutti giacca e cravatta, il cappello per qualcuno.

Il vestito talare uguale per tutti era di rigore nell’abbigliamento dei preti.

 

Gli stendardi

 

Il cappello “ saturno” è portato sempre con fierezza dai novelli sacerdoti.

Le bandiere ed i labari  rappresentano tutte le associazioni presenti a santo Stefano, compreso quelle giovanili, maschili e femminili.

Le bandiere portate dalla Teresina “dal Finizel”, dal futuro don Gervasio e dalla   Rosanna, mamma del futuro don Gianluigi

Figura 14 L'uscita dalla messa di don Angelo

 

Nel caso della messa di don Angelo si nota la bandiera portata dalla Rita “dal Bes”, i padrini con il cappello della festa, tutti e due Battista, affiancano il sacerdote con il cappello “saturno”, ed i paggetti davanti.


Figura 15 L'uscita dalla chiesa di don Angelo

 

Le foto

Le foto di rito sono state fatte nella sacrestia della chiesa. Altre foto, non riprodotte, sono state scattate davanti alla chiese e si nota la presenza degli scalini di ingresso e senza la pavimentazione sul sagrato.

Figura 16 Le foto ufficiali in sacrestia

 

Si possono riconoscere il Luigi papà di don Battista, il Cecco, primo dei fratelli Fornara,  il papa del dottor Mauri, il Giacomo Cerutti. Lo scultore Fornara appare in più di una foto. Si vedono anche il Serafino appena tornato dal viaggio in bicicletta sino a Roma, per l’anno santo dell ’50 ed il Cecco “di Bida”

 

Chi ricorda le persone?

Le foto  sono tutte in bianco e nero, sono riprodotte in formato PDF e quindi scaricabili dal sito Varganbass e pertanto è possibile ingrandirle per renderle più leggibili.

Speriamo di invogliare chi ha conosciuto le persone a indicarne il maggior numero possibile, riportando alla nostra attenzione anche fatti, storie, aneddoti, usanze e costumi di un mondo così vicino a tutti noi. Mondo del quale siamo parte e dal quale abbiamo ricevuto formazione, mentalità e modi di vita sicuramente presenti ancora oggi in noi anche se sotto spoglie e contorni diversissimi.

 

 

Un’ultima foto, una curiosità ed una storia: chi la sa raccontare?

 

 

Figura 17 Chi riconosce l'amico di don Angelo?

 

A proposito di Varganbass, mi sono accorto di non aver mai nominato Borgomanero.

 

L’attività pastorale dopo la prima messa

 

Don Angelo subito dopo la ordinazione è stato inviato come coadiutore a Pernate, frazione di Novara. Successivamente a Sant’Agata sopra Cannobio, in prossimità del confine svizzero, di qui è stato inviato a Vignale, anch’essa frazione di Novara per passare poi a reggere la parrocchia di Cerano ove ha operato per ben 37 anni sino al ritiro in Santo Stefano ove ancora celebra la Messa.

Don Giuseppe dopo l’ordinazione è stato inviato ad Arola,Crusinallo  ed in seguito per 35 anni a Gargallo ove continua ad operare con passione.

 

Conclusione

 

Per dare una maggior chiarezza  al ricordo di quei giorni, chiedo sin da subito un aiuto a tutti i partecipanti a quelle celebrazioni per correggere e ampliare questi ricordi raccolti dai due protagonisti. Molte circostanze e particolari possono sicuramente essere migliorati.